PRESENTAZIONE
L’iridologia non è altro che lo studio dell’iride
e delle sue alterazioni conseguenti a malattie sia degli organi del
corpo umano che psicologiche. Il nostro occhio quindi come zona di
manifestazione e di monitoraggio di malattie già in fase di
sviluppo sintomatologico ma anche non ancora manifestatesi chiaramente
al soggetto.
La storia dell’iridologia risale addirittura ad Ippocrate di
Cos (460 - 377 a. C.); fino al 1500 circa essa rimane quasi un insegnamento
segreto per pochissimi eletti, successivamente a Dresda viene pubblicato
il libro Chiromantia Medica di Philippus Meyen (1670) con una sufficiente
precisa mappa dell’iride così come più o meno
anche oggi è conosciuta nei suoi aspetti principali. Altre
pubblicazioni scientifiche verranno poi stampate in quel periodo da
Siegmund Eltzholtz e più tardi (1786) da Christian Haertels:
De oculo et signo.
L’iridologia moderna nasce comunque attorno alla metà
dell’ottocento soprattutto grazie ad un medico ungherese: Ignaz
Von Peczely, che pubblica il primo libro sistematico sull’iridologia.
Quest’opera viene tradotta dal magiaro al tedesco e fatta motivo
quindi di studio ed approfondimento da parte di altri medici in relazione
ad una casistica clinica dei loro pazienti. Il riscontro sia in chiave
di diagnosi che di possibile prevenzione terapeutica ebbe un enorme
successo coniugando inoltre le capacità di guarigione attraverso
l’omeopatia dei soggetti affetti da disturbi fisici anche rilevanti.
La branca della scienza cosiddetta ufficiale non tenne comunque in
nessuna considerazione le risultanze qualitativamente evidenti di
questo studio relegando a semplici sarcasmi tutto il lavoro fin li
svolto in questa pseudo-nuova disciplina medica.
Altri illustri medici e sacerdoti fortunatamente però continuarono
il lavoro di Peczely suscitando sempre maggiore interesse e credibilità
sulle capacità diagnostiche dell’iridologia; personaggi
come Nils Liljequist, Emil Schlegel, Emanuel Felke e successivi allievi,
anche italiani, determinarono un decisivo contributo di ufficializzazione
dei successi riscontrabili con questa materia.
Arrivando ai giorni nostri la tradizione iridologica viene ormai riconosciuta
come ponte teorico-pratico fra biochimica e medicina naturale capace
di determinare un comune arricchimento fra medicina accademica e tecniche
alternative di diagnosi o autodiagnosi con apporto specificatamente
dell’omeopatia e pratiche riguardanti la medicina cosiddetta
naturale. Anton Markgraf, Rudolf Schnabel, Theodor Kriege, Theodor
Lindemann, Bernard Jensen, sono soltanto alcuni degli studiosi dell’iridologia
moderna più affermati; capaci di mettere in precisa relazione
ogni organo con i corrispondenti segni iridei. In Italia è
d’obbligo citare il naturopata Costacurta e l’altoatesino
Siegfrid Rizzi, nomi mondiali dell’iridologia contemporanea
con i loro allievi: Bernardo Lembo, Di Spazio, Daniele Lo Rito, ed
altri.
Concludendo, L’iridologia è attualmente definitivamente
affermata come scienza medica, incontrando inevitabilmente sempre
maggiori conferme e successi.
CHE COS’E’ L’IRIDE
L’iride è l’organo dell’occhio che ha come
compito la regolazione dell’afflusso della luce sulla retina.
Retina situata posteriormente che tramite il nervo ottico invia l’informazione
visiva al cervello.
L’occhio ha la forma di palla formata da tre strati: il primo
con un contenuto gelatinoso, il secondo con il corpo vitreo e una
lente, il terzo dal cristallino (subito dietro all’iride). Il
cristallino, come si sa, ha il compito di mettere a fuoco le immagini
sulla retina.
Strato esterno dell’occhio.
Lo strato esterno, detto fibroso, è formato posteriormente
dalla sclera (il bianco dell’occhio) e anteriormente dalla cornea,
trasparente per il passaggio della luce. Lo strato intermedio, detto
vascolare o uvea, è formato da vasi con il compito di nutrire
l’occhio ed inoltre di far compiere:
1. L’accomodazione del cristallino nella messa a fuoco dell’immagine
sulla retina per quanto riguarda la vicinanza o la lontananza;
2. La dilatazione (al buio) della pupilla o il suo restringimento
(alla luce).
La parte posteriore dell’uvea si chiama coroide che come detto
ha funzione nutritizia; la parte intermedia dell’uvea si chiama
corpo ciliare e interviene sull’accomodamento; la parte anteriore
è appunto l’iride dove al centro della quale si trova
il forame pupillare con la sua già descritta dilatazione o
restringimento a seconda del buio o dell’afflusso quantitativo
della luce.
Strato interno dell’occhio.
Lo strato interno dell’occhio detto sensorio è costituito
dalla retina che attraverso un meccanismo fotochimico trasforma il
segnale luminoso in un segnale elettronico al cervello (corteccia
occipitale).
La parte anteriore della retina oscura la camera fotografica dell’occhio
attraverso uno strato perfettamente nero (epitelio pigmentato) estendendosi
in avanti fino a costituire la parte più interna dell’iride.
La forma dell’iride perciò ha la forma di un diaframma
di una macchina fotografica oppure di una moneta bucata. La sua membrana
è formata da uno strato anteriore detto stroma e uno strato
posteriore nero appartenente alla retina.
Lo stroma lo si può paragonare come forma ad un tramezzino
con un lato rivestito da gelatina. Partendo anteriormente si distingue:
1. strato endoteliale
2. membrana limitante anteriore
3. figlietto anteriore
4. foglietto posteriore
5. muscolo dilatatore dell’iride
L’iride si forma fra la 14° e la 16° settimana di vita
fetale e vi sono due sistemi antagonisti muscolari:
• muscolo sfintere della pupilla (che restringe il forame pupillare).
• muscolo dilatatore della pupilla (che allarga il forame pupillare).
I PIGMENTI.
(Si definisce pigmento una sostanza colorata sottoforma di deposito
nelle cellule dell’organismo animale e vegetale.)
Melanina: costituente normale di capelli, pelle, strato pigmentato
posteriore dell’iride. Agisce come agente protettivo dai raggi
ultravioletti a scongiurare un’azione altrimenti cancerogena.
Nell’iride contribuisce alla formazione della camera oscura
dell’occhio. La melanina in sedi non fisiologiche indica sempre
un fatto patologico di una certa importanza per l’intero organismo.
Emosiderina: di colore
rosso scuro. Formata da ferro trivalente derivante dalla distruzione
di una gran quantità di globuli rossi. In genere può
comparire in zone iridee corrispondenti a parti del corpo sottoposte
ad interventi chirurgici o traumatizzate.
Lipofuscina: di colore variabile dal giallo al marrone scuro, con
tonalità di fondo rossa. Derivante soprattutto dal sistema
nervoso con il progredire dell’età. Il suo scopo è
quello di catturare scorie nocive che si formano all’interno
della cellula nervosa quando le più normali vie di eliminazione
hanno ormai fallito. Rappresenta una specie di carta moschicida cellulare.
Lipocromo: si presenta in diverse tonalità arancioni, secondo
più combinazioni di giallo e rosso, in modo comunque molto
brillante. Si nota in presenza di alterazioni pancreatiche e, secondariamente,
del fegato.
Bilifuscina: di colore ocra, viene da una non regolare azione epato-biliare
e lienale (della milza).
La colorazione.
Il colore dell’iride dei neonati è blu intenso; nei neonati
infatti le cellule cromatofore dello stroma non hanno ancora iniziato
a produrre pigmento e la luce di conseguenza può attraversarlo
facilmente andando ad assorbirsi quasi per intero nello strato pigmentato
posteriore che è nero. La luce blu è l’unica con
lunghezza d’onda minore e viene così riflessa dallo stroma
dandone la caratteristica tonalità.
Col passare del tempo aumenta il contenuto di fibre collagene e le
cellule cromatofore iniziano a produrre il pigmento dello stroma e
l’iride cambia colore fino al raggiungimento del suo colore
definitivo attorno ai due anni di vita (in alcuni casi anche fino
ai sette anni). In realtà comunque il colore dell’iride
cambia fisiologicamente in modo impercettibile sino al 50° anno
circa di vita.
I colori di base dell’iride sono:
1. marrone.
2. sequoia.
3. ruggine.
4. catrame.
5. ocra.
6. giallo paglia.
7. giallo pieno.
I fattori principali che
determinano la varietà dei colori dell’iride sono tre:
• La densità di fibre collagene, muscolari e dei vasellini
dello stroma.
• Lo spessore, la quantità del pigmento contenuto in
ogni cellula cromatofora.
• Il colore del pigmento contenuto nei cromatofori. Questa sostanza
non può essere attraversata dalla luce ed in parte l’assorbe
o in parte la riflette; il suo colore dipende proprio dalla luce che
è in grado di riflettere. Ad esempio un pigmento nero assorbe
totalmente la luce, mentre un pigmento giallo assorbe tutti i colori
tranne il giallo, che viene riflesso e dà all’occhio
dell’osservatore l’impressione che il pigmento sia giallo.
Dal colore del pigmento
è deducibile la sua provenienza, dalla sua forma il suo significato
diagnostico, dalla sua posizione nell’iride l’organo interessato.
I pigmenti dell’iride sono però solitamente topolabili
e non topostabili:
- pigmenti topolabili, ovvero le colorazioni si trovano spesso distribuite
in varie zone dell’iride e non nel settore specifico dell’organo
corrispondente.
- pigmenti topostabili, ovvero localizzati nel punto specifico di
un preciso organo.
Nel caso in cui la colorazione del pigmento sia del tipo topolabile
non sarà la sua posizione ad indicarne l’organo colpito
ma il colore e la sua forma caratteristica
E’ decisamente importante
capire che inizialmente l’origine probabile di un pigmento è
topostabile. Successivamente, essendo una scoria patogena esso si
espande anche in altre parti dell’iride; un po' come l’inquinamento
atmosferico di una fabbrica parte dalla sua zona per poi diffondersi
nelle zone circostanti fino ad arrivare nella città.
Il problematico smaltimento delle scorie patogene possono portare
a complicate e gravi conseguenze all’organo interessato, soffrendone
e a volte degenerando in gravi disfunzioni o cancerogenicità.
I pigmenti forniscono inoltre anche indicazioni precise su possibili
catene patologiche, cioè la possibilità che un organo
ammalato comprometta la salute di altri organi ad esso collegati.
Ad esempio, la presenza di colore e forma tipici della tiroide nella
regione del cuore indica un’influenza tiroidea su una patologia
cardiaca: la classica tachicardia prodotta da ipertiroidismo.
I FILTRI.
Doverosamente è altrettanto importante però rilevare
che alcune colorazioni dell’iride non sono imputabili a pigmenti
specifici; ma a sostanze con proprietà opposte ai pigmenti
appunto: cioè la loro possibile perforabilità dalla
luce, o meglio, da determinate lunghezze d’onda della luce.
Questa particolare colorazione appare comunque più superficiale,
fine e trasparente; lasciando intravedere la sottostante trama iridea,
non impedendo all’osservatore di notarne la struttura fibrillare
radiale caratteristica dello stroma dell’iride. Va nuovamente
sottolineato che invece nel caso di un pigmento tutto ciò è
reso non visibile.
Queste diverse colorazioni sono chiamate: filtri. Le colorazioni giallo
paglierine tipiche della zona del rene sono caratteristiche di un
colore dovuto a un filtro, non ad un pigmento.
LE COSTITUZIONI IRIDOLOGICHE
Sostanzialmente tre sono
le principali costituzioni iridologiche (più sottogruppi):
1. Iride chiara o blù linfatica.
2. Iride scura o marrone o ematogena.
3. Iride mista (intermedia fra la altre due).
Secondo Ippocrate le malattie
si potevano classificare in due gruppi:
•
di origine linfatica:
adenoidi, polipi nasali, tonsilliti, rigonfiamenti linfonodali sul
collo e a livello intestinale, disturbi respiratori recidivanti, dismetabolismo
dell’acido urico, problemi reumatici con sofferenza di cuore
e reni.
• di origine ematogena: malattie derivanti dal sangue o del
sangue quali la linfopenia, leucopenia, disturbi epatobiliari, vene
varicose, disturbi circolatori di vario genere come l’ipertensione
arteriosa e iperlipidemia, malattie metaboliche come la gotta e il
diabete.
Ovviamente ciò
sta a determinarne la predisposizione del soggetto, si potrebbe dire
i suoi punti deboli.
L’iride mista, generalmente verde e/o grigia secondo svariate
combinazioni di sfumature di colore, somma problemi di origine linfatica
ed ematica. Principalmente però in disfunzioni della sfera
biliare e digestiva. Ottima struttura muscolare.
Come detto la costituzione
iridea individua predisposizioni patologiche del paziente, non di
diagnosi. Ad esempio una colorazione marrone in un’iride ematogena
è del tutto fisiologica, mentre in un’iride di fondo
linfatica rappresenta sicuramente un campanello d’allarme anche
importante. Una colorazione bluastra in un’iride ematogena è
patologica, mentre logicamente non lo è in un’iride linfatica.
Se verde in un’iride mista è fisiologica, ma appunto
patologica in una linfatica o ematogena.
La facilità di lettura di alterazioni iridologiche è
così anche determinata dalla costituzione dell’iride
nella sua colorazione. Le linfatiche o miste sono, per loro natura
stessa, chiare e quindi più intellegibili rispetto ad un’iride
ematogena; se in un’iride linfatica o mista la capacità
d’interpretazione è compromessa sta a significare che
molto probabilmente ci si trova di fronte ad una condizione di patologia
in atto.
Nell’iride chiara si possono distinguere quattro sottogruppi:
1. Iride linfatica pura: il collaretto appare chiaro e nettamente
definito.
2. Iride idrogenoide: nella zona ciliare formazioni bianche o biancastre
(stracci, nubi, fiocchi). Indice di depositi di sali di calcio nel
tessuto connettivale e nelle articolazioni con conseguente e dannoso
accumulo di acqua nei tessuti.
3. Iride connettivale ipostenica: somma della linfatica pura con particolare
diradamento delle fibre radiali con numerose lacune. Soggetti predisposti
a fratture e a distorsioni articolari e di facile affaticamento fisico.
4. Iride neurogena: somma della linfatica pura con una particolare
sottigliezza delle fibre radiali, che decorrono descrivendo piccoli
zig-zag. Si notano inoltre piccoli anelli da stress contigui alle
fibre radiali sottoforma di increspature in persone con stati di tensione,
incapaci di distendersi nuovamente. L’origine di tale specie
può essere genetica (figli di genitori stressati), ma nella
grande maggioranza dei casi è anche indicativa di un buon grado
di sensibilità e finezza d’animo.
Da un punto di vista psichico, la costituzione ematogena è
più impulsiva della linfatica e più portata agli eccessi;
mentre a quest’ultima corrisponde una continua ruminazione di
pensieri; ad un’atteggiamento più ponderato nel bene
e nel male; più afflitto perciò soprattutto da manie,
torture mentali e riflessioni ricorrenti. L’iride mista è
più incline alla collera, ma, come qualità, possiede
un grande coraggio nei momenti di difficoltà.
Per
concludere ogni costituzione possiede i suoi lati positivi e negativi;
l’iridologo è così generalmente in grado di consigliare
la condotta migliore sia fisica che mentale per prevenire Le malattie
ma anche il modo di sviluppare al meglio le proprie qualità
sia fisiche appunto che di valore umano.
INDICE IRIDOLOGICO DI VITALITÀ’
Teoricamente esiste un’iride idealmente perfetta; dove lo stroma
si presenta come un susseguirsi ravvicinato e ordinato di raggi disposti
fra le pupille e il margine esterno dell’iride. Questa appare
con un colore uniforme, priva di altre colorazioni estranee, di lacune,
di segni particolari come aree o punti neri. Senza deviazioni dei
raggi dalla loro direzione rettilinea.
In realtà quest’iride, di grado 1 praticamente perfetta,
rappresenta, per ovvi motivi, un modello pressoché impossibile
da trovare nella casistica umana; essa rappresenta soltanto un termine
di comparazione ideale di partenza per visualizzare gli aspetti differenziati
e poter così stabilire i tratti caratteristici dell’individuo.
Si sono potute raggruppare in sei gradi di significative differenze,
con un indice iridologico di vitalità generale, tutte le iridi
umane. Prima però di passare alla loro descrizione è
importante sapere che l’iride di destra corrisponde all’eredità
vitale costituzionale genotipica (cioè stabilita dal codice
genetico), mentre la sinistra riflette i fattori acquisiti.
Il 90% delle iridi umane sono appartenenti al 3° o 4° grado
dell’indice di vitalità.
- 1° grado: decorso perfettamente rettilineo, dal bordo pupillare
al margine ciliare esterno dell’iride, di fibre radiali perfettamente
affiancate le una alle altre, senza lasciare alcuna soluzione di continuità
fra esse. Il colore dell’iride è assolutamente uniforme.
- 2° grado: unica differenza rispetto al grado 1 è rappresentata
da una minore densità di fibre radiali.
- 3° grado: stessa densità di fibre radiali del secondo
grado ma con alcune interruzioni prodotte da lacune, rare cripte,
eventuali colorazioni estranee fra esse. Il colore dell’iride
rimane uniforme.
- 4° grado: somigliante al terzo grado ma con una maggiore lassità
di fibre radiali, numerose lacune, cripte, pigmenti trasversali, radiali
infiammati, fiocchi,nubi, stracci.
- 5° grado: struttura radiale dell’iride quasi totalmente
inesistente, le lacune contornano il collaretto quasi per intero ed
una accentuazione delle formazioni e pigmenti segnalati nel grado
precedente.
- 6° grado: assenza totale di struttura radiale, con un susseguirsi
di lacune contornanti il collaretto interamente; oltre le formazioni
descritte nei gradi quattro e cinque qui più marcate, l’iride
è scurita nel suo complesso a causa del diradamento praticamente
completo della trama stromale con conseguente trasparente evidenza
del colore nero dello strato pigmentoso posteriore.
In
conclusione, la costituzione iridea associata all’indice iridologico
di vitalità, fornisce un fondamentale supporto per un’indagine
corretta delle condizioni generali e della predisposizione patogenetica
dell’individuo.
SEMEIOLOGIA IRIDOLOGICA
(i segni dell’iride)
Stabilito che vi sono connessioni anatomiche dell’iride con
le parti del corpo, come si produce un’alterazione in seguito,
ad esempio, alla sofferenza di un organo?
Il meccanismo è legato soprattutto alla parte vascolare e muscolare
dell’iride.
Ogni parte del SNV (sistema nervoso vegetativo) fa capo ad un centralino
che raccoglie tutti gli impulsi provenienti da quel determinato settore.
Accade per esempio che un certo centralino raccolga le informazioni
sia del fegato sia del settore dell’iride situato attorno al
minuto 40 dell’iride destra. Il fegato ammalato invia un segnale
di sofferenza al suo centralino e il centralino risponde dando l’ordine
alle fibre che innervano i vasi di contrarli di più e alle
fibre che innervano i muscoli di metterli in maggiore attività.
Questo ordine vale per tutte le arteriole, venule, capillari e muscoli
dipendenti dal centralino e dunque sia per quelli del fegato sia per
quelli dell’iride destra, attorno al minuto 40.
A lungo andare, il persistere di disfunzioni vascolari e muscolari
determina una sofferenza delle fibre di collagene che costituiscono
lo stroma, che perciò si deforma.
Il protrarsi anormale di tale reazione difensiva determina una carenza
di ossigeno e alla sostituzione dei normali tessuti (che abbisognano
di ossigeno) con tessuti fibrosi. Inoltre ovunque persista una reazione
infiammatoria cronica si formano radicali liberi, ovvero sostanze
chimiche capaci di alterare le funzioni e persino la struttura normale
delle cellule. Un’infiammazione acuta, per esempio un’epatite,
provoca un’iperemia (aumento cioè del flusso sanguigno)
non solo a livello del fegato, ma anche a livello del settore corrispondente
dell’iride. I tessuti di quest’ultima si gonfiano come
un’altra qualsiasi parte del nostro corpo quando subisce un
trauma. Nel nostro caso ovviamente soltanto nel minuto 40 del settore
dell’iride destra. Se l’infiammazione del fegato è
temporanea, anche i segni corrispondenti recedono; viceversa se persiste,
lo stroma non viene più nutrito a dovere con ossigeno e molecole
energetiche e si usura.
Tutto ciò porta alla formazione di veri e propri buchi di profondità
variabile;
ecco quindi l’apparire di lacune: che intaccano solo il foglietto
anteriore dello stroma; le cripte: che intaccano il foglietto anteriore
e posteriore giungendo sino allo strato pigmentato interno di colore
nero. All’ultimo stadio questi buchi, nel tessuto stromale,
saranno molto profondi; ma mentre i segni dell’infiammazione
acuta possono recedere completamente a guarigione avvenuta, i segni
della malattia cronica rimarranno come vere e proprie cicatrici; potranno
comunque in seguito diminuire di dimensione e grado di inscurimento.
E’ bene perciò sottolineare che mentre i segni dell’infiammazione
acuta sono bianchi o comunque chiari, i segni dell’infiammazione
o malattia cronica sono scuri o neri in diretta relazione con la gravità
della malattia.
Alcune cicatrici sono presenti fin dalla nascita: esse testimoniano
o una tendenza patologica specifica verso una malattia ereditata dai
genitori o nostri avi in generale, oppure, secondo alcuni studiosi,
a segni appartenenti a vite precedenti di importanza patologica rilevante.
Dunque si può affermare che l’iride costituisce non solo
una memoria individuale delle malattie trascorse, ma anche un monitor
della storia patologica della specie umana.
CLASSIFICAZIONE GENERALE DEI SEGNI DELL’IRIDE.
1. Il
b/n ovvero il bianco
e nero; il grado d’inscurimento o al contrario di lucentezza
chiara (schiarimento) di ciascun segno, indice dell’evoluzione
acuta (bianco) o cronica (scuro o nero) delle malattie.
2. Il colore.
3. La forma; a livello della zona ciliare; del collaretto; della zona
pupillare; del bordo pupillare, della forma pupillare.
Bianco-nero: Come detto
i segni bianchi o più chiari indicano un’infiammazione
acuta, con inquinamento del mesenchima (tessuto fra cellula e cellula)
da parte di scorie derivanti da un disturbo metabolico acuto, per
esempio: virus, batteri, funghi, sostanze inquinanti ambientali ed
alimentari.
I segni scuri indicano una diminuita funzionalità organica.
I segni giallo-bruni indicano una malattia cronica.
I segni neri o segni difettivi indicano una malattia degenerativa
e corrispondente sia del foglietto anteriore che del foglietto posteriore
dello stroma.
Colore: I colori principali
si possono considerare 7, con tutte le possibili successive combinazioni
intermedie e sfumature.
Marrone
Sequoia
Ruggine
Grigio pallido fino a catrame.
Ocra
Paglia o giallo chiaro trasparente
Giallo intenso non trasparente
Marrone a sequoia
Marrone scuro
Pigmento nero
Rosso scuro
Tabacco
Pigmento a riccio dal bianco sporco al bianco giallognolo al marrone
giallognolo mescolato a tonalità rosse o nere
Forma: in quattro grandi
distinzioni:
• a livello ciliare;
• a livello del collaretto:
• a livello della zona pupillare;
i segni pupillari e del margine pupillare
A livello ciliare:
Linee: corrispondono a fibre radiali connettivali e/o vascolari e/o
muscolari dello stroma. A causa di un processo infiammatorio si gonfiano
e appaiono cosi più chiare ad esempio nelle iridi scure o bianche
nelle iridi chiare. Se l’infiammazione continua, le fibre radiali
colpite divengono più lunghe e sottili discostandosi tra loro.
Sono topostabili, ovvero indicano esattamente l’organo colpito.
Le linee chiare indicano infiammazione acuta, le scure infiammazione
cronica.
Tofi: ammassi chiari o
bianchi con la forma irregolare di una palla di pezza, del diametro
di qualche millimetro, che si localizzano nella parte interna del
sesto esterno dell’iride. In catenelle disposte a cerchio o
ad archi di cerchio concentrici alla pupilla nella zona cosiddetta
delle mucose e delle sierose. Sono topolabili, ovvero la loro posizione
non è significativa. I tofi, più spesso chiari, possono
scurirsi nei processi appunto infiammatori cronici. Non modificano
la superficie iridea.
Stracci: pare possano essere il confluire in un unico insieme di diversi
tofi; con superfici biancastre o grigio scure a diverse tonalità.
Contorni irregolari e piuttosto estese in tutta la zona ciliare tanto
da poter essere visibili anche ad occhio nudo. Non modificano la superficie
iridea.
Nubi: formazioni a straccio
ispessite; diverse gradazioni di colore, dalle chiare, che come al
solito indicano un’infiammazione acuta, a quelle scure cioè
malattie croniche. Sia i tofi, che gli stracci, che le nubi possono
essere sia trasparenti che non trasparenti. Non modificano la superficie
iridea.
Placche: osservate tangenzialmente si presentano come degli ispessimenti
a margini netti che modificando la superficie iridea appaiono come
scogli sul mare. Indicano un’importante modificazione metabolica.
Si localizzano nel terzo esterno dell’iride.
Lacune: corrispondono ad un difetto parziale o totale del foglietto
anteriore dello stroma. Questo si apre a sipario, lasciando intravedere
gli strati sottostanti.
Possono essere congenite o acquisite ed indicano debolezza dell’organo
corrispondente, un punto debole, e non necessariamente una malattia
in atto.
Se praticate terapie volte a rinforzare l’organo interessato,
si notano delle fini febrille bianche all’interno di ciascuna
lacuna causate dal riformarsi del foglietto anteriore stromale interrotto
dalla lacuna.
Vi sono due forme fondamentali di lacune:
1. Lacune chiare, dove i fasci delimitanti si chiudono a formare una
superficie definita. Stato patologico trascorso non più quindi
in atto.
2. Lacune aperte, dove i fasci delimitanti non si chiudono e la lacuna
appare aperte in direzione del bordo ciliare esterno dell’iride.
Processo patologico in atto a carico dell’organo corrispondente.
Sostanzialmente le lacune si devono definire in base a questi elementi:
a)- nella zona ciliare, con il bordo interno a contatto con il collaretto;
delimitate da fasci ben evidenziati.
b) - nello spessore e nel grado di bianco dei fasci delimitanti.
c) - chiuse o aperte.
d) - più chiare o scure al proprio interno.
e) - spessore e intreccio delle fibre visibili al loro interno. ( es: lacune a favo, a foglia, ovoidali, ad arco, a cipolla, a medusa.)
f) - la loro forma: romboidali, rotonde, ad ago, a torpedo, a becco,
a sigaro, a bisturi, a scarpa, doppie, a tre, a scatola.
g)- eventuale associazione con altre lacune simili posta l’una
di seguito all’altra: a nido, a tegola, a staffa, a fiore, gemellari.
h) - posizione corrispondente ad un organo.
i) - dimensione.
l) - significato diagnostico e prognostico
Cripte: si possono trovare
ovunque nell’iride. Nelle cripte vi è una deficienza
prevalentemente del foglietto stromale posteriore, perciò appaiono
più scure rispetto alle lacune, in quanto si manifesta più
o meno intensamente il foglietto pigmentato posteriore.
Secondo il grado di deficienza del foglietto stromale posteriore si
distinguono due tipi di cripte:
1. Cripte complete: il foglietto stromale posteriore manca del tutto
e il pavimento della cripta è costituito dallo stato pigmentato
nero
2. Cripte incomplete: il foglietto non è del tutto mancante,
ma solo ridotto di spessore o perforato in modo diverso; dunque, secondo
lo spessore residuo del foglietto stromale posteriore, ciascuna cripta
incompleta può possedere una diversa tonalità di grigio
così come segue:
a) - cripte con scarsi resti stromali formati di fini fibre sul fondo,
grigie; indicano processo degenerativo in atto.
b) - cripte con singoli fasci all’interno della cripta di colore
grigio scuro; stesso significato della precedente.
c) - cripte con singoli fasci di fibre stromali sul fondo, più
chiari, di spessore maggiore rispetto al restante tessuto irideo;
indicano difetto immunitario nel territorio colpito.
In
generale più una cripta è grande, più è
grave il processo degenerativo. Ci sono cripte molto piccole denominate:
“segni difettivi”, che possono indicare polipi, escrescenze
di vario tipo, stenosi viscerali.
Trasversali: Sono delle
fini linee che decorrono in senso perpendicolare alla direzione radiale
delle normali fibre iridee. Indicano spesso fenomeni aderenziali come
ad esempio conseguenti ad operazioni chirurgiche o a debolezza connettivale
(ernie).
La tipologia dei più comuni trasversali:
a)Trasversale classico:
chiaro o grigio, leggermente rilevato rispetto alla superficie dell’iride;
non appare vascolarizzato, non ramificato ma singolo, dal bordo ciliare
con leggere ondulazioni per circa 70 gradi angolari.
b)Trasversale da stasi: è molto ondulato con al centro una
linea rossa (capillare vascolarizzato). In relazione con altri segni
iridei come una lacuna.
c)Trasversale sotterraneo: in profondità nello stroma, a rischio
di passare inosservato. E’ monoramificato e procede a zig-zag
in vicinanza del margine ciliare.
d)Trasversale a forchetta: il manico della forchetta procede ad angolo
acuto rispetto alle fibre radiali biforcandosi con un angolo variabile
dai 60° ai 90° gradi. Esistono due posizioni della forchetta:
• forchetta aperta verso il collaretto
• forchetta aperta verso il margine ciliare;
e)Trasversale a sacco:
forma ad ampia curva, dal collaretto ritornando poi ad esso.
f)Trasversale cuneiforme: inizia al margine ciliare, avvicinandosi
al collaretto dove descrive una curva di 60°.
g)Trasversale a tetto: dal margine ciliare tornando ad esso dopo aver
descritto un angolo acuto che ricorda la forma di un tetto.
h)Trasversale a candelabro: come il trasversale classico da cui si
dipartono numerosi rami in direzione del collaretto.
i)Trasversale ad albero: fortemente ramificato.
l)Trasversale a croce
Fibre aberranti: da non confondere con i trasversali. Sono delle normali
fibre con un decorso non ordinato rispetto invece alle fibre radiali.
Si riconoscono per avere le stesse caratteristiche delle altre fibre iridee ed essere sempre in rapporto con il collaretto a differenza,
appunto, dei trasversali.
Anelli tetanici: Sono
archi di cerchio concentrici alla pupilla presenti nella zona ciliare;
si formano per effetto di una plicatura di più fibre radiali
allo stesso livello, nel decorso dal margine ciliare verso il collaretto.
Le cause della loro presenza sono da ricercare nella prevalenza del
tono simpatico sul tono parasimpatico, eccesso di calcio nel sangue,
carenza di magnesio per difettoso apporto o difettoso assorbimento
o difettosa utilizzazione, stato di tensione interiore, due o più
cause appena descritte combinate fra loro.
Le loro forme sono:
a)
- Anelli: presenti in modo poco marcato e in una sola iride e non
hanno alcun significato patologico.
b) - Anelli fra loro concatenati: sintomi d’insonnia collegati
spesso a disturbi funzionali cardiaci.
c) - Anelli pluristratificati (detti anche “a bersaglio”):
indicano generalmente predisposizione a nevrosi o a psicosi, se localizzati
in un settore specifico patologia dell’organo.
d) - Archi a scala: indicano epilessia o malattie cerebrali, soprattutto
se presenti nel capo.
e) - Archi incrociati: segni di dolori o paresi dallo stesso lato
in cui si manifestano nell’iride.
f) - Archi eccentrici rispetto alla pupilla: patologia a carico del
settore degli organi.
Solchi radiali: da uno
squilibrio neurovegetativo rappresentato da una disarmonia fra i due
muscoli iridei: il dilatatore e lo sfintere della pupilla. Solchi
profondi (perciò neri), iniziano per lo più a livello
del collaretto portandosi verso il margine ciliare per un breve tratto.
Raggi solari: stessa origine
e significato dei solchi radiali a differenza che iniziano dal bordo
pupillare e sono più sottili, meno scuri ma molto più
lunghi, potendo giungere sino in vicinanza del bordo ciliare.
A LIVELLO DEL COLLARETTO
Il collaretto forma il
confine fra la zona ciliare a fibre fini (strato stromale anteriore)
e la zona pupillare a fibre grossolane (strato stromale posteriore).
E’ il punto più elevato dell’iride dove si fanno
sentire due forze contrapposte: il muscolo dilatatore dell’iride
e il muscolo costrittore della pupilla. Il collaretto dunque rappresenta
la sede dove si contrappongono questi due sistemi, con il prevalere
di uno o dell’altro e quindi di un determinato gruppo di organi
o funzioni
Idealmente, e nel migliore dei casi, il collaretto ha forma perfettamente
circolare; quanto più ci si allontana da tale condizione, tanto
più vi sono problemi di regolazione neurovegetativa. La zona
pupillare rappresenta tutti gli organi o le parte degli organi deputate
all’assimilazione del cibo (processi digestivi) e all’eliminazione
delle scorie grossolane (feci). La zona ciliare, invece, rappresenta
gli organi deputati a trarre energia dal cibo assimilato redistribuendola
a tutto l’organismo con modalità diverse (per esempio
il cuore distribuisce energia sottoforma di energia meccanica, ovvero
di spinta sul sangue. Inoltre nella zona ciliare vi sono organi con
il compito di eliminare le scorie derivanti dai vari processi di combustione
energetica (per esempio il polmone elimina l’anidride carbonica,
il rene elimina l’urea, ecc.).
Un allargamento del collaretto indica il prevalere del tono ortosimpatico
(centrifugo) e una diminuzione del tono parasimpatico. A livello intestinale
si potrà notare, in questi casi, atonia; a livello del cuore
un battito accelerato o un aumento della pressione del sangue.
Un restringimento del collaretto indica ovviamente una condizione
opposta. La sua forma a zig-zag, ad angoli acuti, rientranze, ecc.
indica disarmonia neurovegetativa.
A LIVELLO DELLA ZONA PUPILLARE
Questa zona rappresenta sostanzialmente l’apparato digestivo
ed intestinale. A livello irideo corrisponde all’area dove si
evidenziano le fibre dello strato stromale posteriore. Si può
avere un’idea d’insieme del funzionamento dell’apparato
digestivo ed intestinale valutando a colpo d’occhio quanto segue:
• La forma del collaretto (descritto in precedenza).
• La tonalità b/n. d’insieme: se la zona pupillare
è più chiara della zona ciliare, bisogna pensare a processi
infiammatori acuti, al contrario va sospettata un’insufficienza
funzionale (ad esempio una mancanza d’enzimi digestivi) associata
ad una patologia cronica (ad esempio una colite cronica).
• Lo spessore delle fibre, confrontate con le fibre della zona
ciliare (rapporto normale: 1,5:1); se sono più sottili, bisogna
pensare a problemi nervosi o psichici che riducono la funzionalità
digestiva ed intestinale; se più grossolane, a processi gastrici
o colitici cronici in un gran mangiatore.
• Osservando l’iride con una illuminazione obliqua, quasi
tangenziale alla sua superficie, si nota la sua forma originale:
1. se continuativamente rettilinea dal bordo ciliare al bordo pupillare
indica buona salute.
2. se con forma incavata, indica atonia ed insufficienza generale
nei processi sia di assimilazione sia di formazione e di utilizzazione
di energia.
3. se convessa, indica una diatesi spastica degli organi digestivi
ed intestinali e un alto grado d’irritabilità e nervosismo
psichici.
4. se vi è un’elevazione appuntita solo in corrispondenza
del collaretto, indica ipereccitabilità neurovegetativa con
stato di esaurimento psicofisico in seguito a cattive abitudini alimentari.
5. se a forma d’imbuto, la zona ciliare è normale, la
zona pupillare inclinata verso il basso, i sintomi sono: meteorismo
spastico con dolori in tutto il territorio del colon, grave alitosi,
stitichezza con feci secche e ristagno fecale.
6. se perpendicolare, la zona ciliare è normale e la zona pupillare
è inclinata verso il basso quasi perpendicolarmente ad essa,
i sintomi sono: irritabilità estrema dell’apparato gastrointestinale.
7. se a scodella, la zona ciliare è normale e la zona pupillare
incavata appunto a scodella, i sintomi sono: marcata atonia intestinale
Presenza di solchi radiali o raggi solari, indice di squilibrio neurovegetativo.
• Presenza di colorazioni:
I. eterocromia centrale, quando tutta la zona pupillare presenta un
colore diverso rispetto alla zona ciliare; indica disfunzione digestiva
in relazione con il suo colore: rosso chiaro indica iperacidità,
rosso scuro gastrite e colite cronica, color fango gastrite ipoacida,
ocra disfunzione epatobiliare e pancreatica, marrone rossastro sofferenza
pancreatica, grigio piombo o grigio topo atrofia della mucosa a prognosi
infausta.
II. eterocromia centrale ad anello nella zona del pericollaretto.
III. eterocromia centrale settoriale, che indica un disturbo nella
parte dell’apparato gastrointestinale corrispondente al settore
in cui si manifesta.
I SEGNI PUPILLARI E DEL MARGINE
PUPILLARE
La pupilla, come detto, si muove per effetto di due muscoli: il dilatatore
innervato dal sistema ortosimpatico e lo sfintere dal parasimpatico.
La forma normale perciò dipende dal sorretto equilibrio fra
questi due muscoli e la relativa innervazione.
Il diametro pupillare normale è di circa: 4-5 millimetri, la
dilatazione della pupilla arriva sino ad 8 millimetri (midriasi),
la contrazione della pupilla giunge sino a 2 millimetri (miosi).
L’ampiezza pupillare dei due occhi è uguale in condizione
di normalità, con leggere variazioni di circa 0,5 millimetri
tra un occhio e l’altro. Nel 17% però dei casi è
stata riscontrata una differenza tra il diametro di una pupilla e
l’altra superiore (anisocoria fisiologica).
La
seconda parte dell'articolo di
Antonio Zampieri sull'Iridologia. |