LA DOMENICA DEL GIORNALE DI BERGAMO 23 ottobre 1966


MARCO TODESCHINI…L'ANTI - EINSTEIN

Teoria della relatività: una grande conquista del pensiero umano… che solo dodici uomini al mondo potevano comprendere - Lo scienziato bergamasco sarebbe il… tredicesimo: non solo l'ha compresa, ma l'ha pure confutata - Viviamo in un mondo buio, atono, atermico: luce, suono, calore, odore, sapore non sono che sensazioni soggettive - La lampada di Galileo, la mela di Newton e il daltonismo di Todeschini - L'ultima scoperta: gli elettroregolatori ipofisari delle ghiandole endocrine

È norma di vita per gli uomini di scienza lavorare in silenzio. Il mondo, troppo affaccendato nelle sue mille futili cose, si occupa raramente di loro, se ne occupa solo nelle grandi circostanze oppure quando scopre che può ricavare qualche vantaggio dal loro lavoro. Non deve dunque sorprendere se, dopo il gran parlare che se n'era fatto ai tempi della clamorosa e dotta polemica con le teorie di Einstein, circa quindici anni fa, il prof. Marco Todeschini era stato un pò… dimenticato. Del resto gli uomini di scienza non soffrono di divismo, l'essere dimenticati non è cosa che possa loro dispiacere.
Le cronache hanno ripreso ad occuparsi del professor Todeschini qualche settimana fa, in occasione del terzo Congresso di medicina omeopatica ed edocrinologia, tenutosi presso l'Istituto di Genetica dell'Università di Roma.
Fra I tanti argomenti trattati, la attenzione degli insigni congressisti s'è accentrata sulla relazione con la quale il prof. Todeschini ha illustrato la sua scoperta relativa agli elettroregolatori ipofisari delle ghiandole endocrine e al metodo di analisi chimica infinitesimale delle sostanze prodotte e versate nel sangue dalle stesse ghiandole.
Quì si va nel difficile: non sempre la scienza si presta a essere volgarizzata, è piuttosto arduo spiegare in parole povere concetti che per la loro comprensione richiedono una solida e profonda preparazione scientifica. Cercheremo di farlo e se non saremo abbastanza chiari…scusate la nostra ignoranza. In sostanza si tratta di questo: migliaia di ghiandole endocrine secernono le sostanze chimiche necessarie al corpo umano. La qualità di tali sostanze viene regolata automaticamente da un circuito organico che fa capo alla ipofisi, attraverso le linee nervose e le vie sanguigne. Non sempre però tale circuito funziona alla perfezione, basta una quantità infinitesimale in più o in meno di una certa sostanza a turbare l'equilibrio del nostro organismo. Il problema fondamentale sta perciò nel trovare lapossibilità di regolare con interventi esterni il funzionamento del circuito; cosa semplice ma… impossibile, se prima non si riusciva a determinare con precisione assoluta, attraverso un nuovo metodo di analisi chimica, la composizione delle sostanze emesse dalle ghiandole, in quantità ultramicroscopiche.
E il prof. Todeschini è arrivato appunto a questo, applicando i principi della Psiocobiofisica, la scienza cosmica unitaria da lui ideata. Una volta raggiunto tale risultato, cioè stabilita la precisa composizione delle sostanze emesse dalle ghiandole, è possibile alla scienza moderna arrivare alla sintesi artificiale di tali sostanze e quindi apprestare i farmaci necessari per correggere il difettoso funzionamento del circuito organico.
Non è l'uovo di Colombo, adesso tuttavia che la scoperta è fatta sembra una cosa abbastanza semplice. Ma per arrivarci, inutile dirlo, sono stati necessari anni di studi, ricerche, esperimenti. La recente scoperta non rappresenta che l'ultimo stadio dell'attività scientifica del prof. Todeschini; come si è detto, essa discende direttamente dai principi della Psicobiofisica, elaborati dallo scienziato bergamasco attraverso altri anni di studi e di ricerche; una vita intera possiamo ben dire.
Il prof. Todeschini, nato a Valsecca in Valle Imagna, nel 1899, si occupa di questi problemi da circa mezzo secolo. Ha studiato all'Istituto Tecnico di Fisica e Matematica a Casl Monferrato, ha partecipato alla prima guerra mondiale come ufficiale del Genio e pilota aviatore, si è laureato in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Torino, ha ottenuto I diplomi di docente in fisica e biologia, è stato capitano in servizio permanente al Centro Studi ed Esperienze del Genio Militare, promosso due volte fino al grado di colonnello, per meriti scientifici, docente universitario e aiutante di Guglielmo Marconi per 18 anni a Roma. Infine si è trasferito a Bergamo. E da qui è partito… l'anatema contro la teoria della relatività.
Improvvisamente, agli occhi del grosso pubblico - per quel poco che il grosso pubblico s'interessa e capisce di queste cose - il prof. Todeschini è diventato, ed è rimasto, l'anti-Einstein. Tutto il resto è scomparso come d'incanto dalle sue note biografiche; anni di peregrinazioni e di molteplici esperienze, il travaglio del lavoro, l'ansia della ricerca, il brivido dell'incertezza o della verità raggiunta, tutto questo è rimasto soltanto nel patrimonio intimo dei suoi ricordi di studioso. Per il mondo esiste soltanto l'anti-Einstein.
È da poco comparso nelle librerie l'ultimo libro di Peter Michelmore su Albert Einstein uomo e scienziato, l'ideatore geniale delle due teorie della relatività, quella generale e quella speciale, e il santone che negli ultimi anni della sua vita era spinto a "pontificare sugli argomenti più disparati e non sempre approfonditi". Nel libro non mancano I soliti aneddoti che infiorano la vita dei grandi personaggi, compreso quello di sir Joseph John Thompson, il quale definì la tepria della relatività "forse la più grande conquista nella storia del pensiero umano", ma aggiunse che in tutto il mondo soltanto dodici uomini potevano comprenderla e che lui non era tra quei dodici.
L'ing. Marco Todeschini sarebbe il tredicesimo uomo: non solo l'ha compresa, ma l'ha pure confutata, tentando di distruggerla così come Einstein - parole di Todeschini - aveva infranto la teoria di Galilei. La storia insegna - o, almeno, ce l'hanno sempre insegnato a scuola - che molte grandi scoperte, che hanno avuto il potere di cambiare il mondo, sono scaturite dal caso. Nel duomo di Pisa, quasi di fronte al celebre pergamo di Giovanni Pisano, pende la forse ancor più famosa lampada in bronzo di Galileo, le cui oscillazioni avrebbero ispirato al grande scienziato l'intuizione dell'isocronismo del pendolo. Una piccola lapide, incastonata nel pavimento, ricorda ai frettolosi e sbadati visitatori che non occorre una batteria atomica per fare scoccare la scintilla del genio; basta anche la modestissima pila dello spirito d'osservazione…purchè il genio ci sia.
Al grande Newton, rifugiatosi nel suo paesello natale per sfuggire alla peste di Londra, bastò la caduta di una banalissima mela per intuire la legge della gravitazione universale, anche se poi continuò ad arrabattarsi per anni in un ginepraio di calcoli errati, lavorando sulla misura sbagliata del diametro terrestre. Può darsi che quella della mela sia soltanto una graziosa storiella inventata da Voltaire, per dare alle sue teorie illuministiche il fascino delle favole; essa resta comunque a dimostrarci che le vie del genio, come quelle della Provvidenza, sono infinite.
Simili episodi contribuiscono a creare un alone di leggenda attornop ai loro protagonisti ed è quindi comprensibile che anche gli uomini di scienza, per quanto alieni dalle fivolezze della vita quotidiana, finiscano per esserne conquistati. Nell'aneddotica che accompagna la pur austera vita dell'ing. Todeschini di questi episodi non ne troviamo uno ma addirittura due, abbiamo e la lampada e la mela. Fu a quindici anni, durante una passeggiata sul Po, che lo scienziato bergamasco ebbe la prima "rivelazione" dello spazio fluido sul quale doveva poi fondare la sua "Teoria delle Apparenze". Figlio di un commerciante di ferramenta, lo scienziato bergamasco ebbe la sventura di perdere la madre, quando egli aveva appena un mese e dalla natia Valle Imagna si trasferì in Emilia dal Padre. Da quì venne inviato al Collegio Dante Alighieri a Casalmaggiore a frequentare le "Tecniche". Un giorno andò in gita sul Po coi compagni del collegio, scese a curiosare in una barca, notò casualmente un piccolo gorgo nelle acque del fiume e si soffermò a osservare il mulinello formato dai fili d'erba, foglie, detriti. Per associazione d'idee fu portato a pensare che allo stesso modo dovevano roteare stelle e pianeti nell'immenso gorgo dell'universo.
Così arriva, parecchi anni dopo, alla formulazione della "Teoria delle Apparenze" che unifica in una sola equazione tutte le leggi che regolano l'universo.
Queta teoria ormai famosa, venne eretta sulle sicure e granitiche basi di una serie di prove sulla trasmissione della luce, simili a quelle di Michelson, ed affettuate da Todeschini, le quali hanno dimostrato che lo spazio in qualsiasi punto dell'universo non è mai vuoto, perchè si comporta come un fluido avente una densità 100 quintilioni di volte inferiore a quella dell'aria, invisibile come questa, omogeneo, promordiale, ma dinamicamente attivo, di cui sono composti tutti i corpi del mondo ed anche lo spazio interposto tra di loro.
In particolare i vortici sferici di tale fluido formano i sisteme atomici, molecolari ed astronomici della materia con i loro campi rotanti di forze centripete attrattive, mentre invece le onde prodotte in tale fluido, a seconda della loro frequenza di oscillazione, costituiscono le varie forme di energia ondulatoria.
L'unica realtà fisica oggettiva è dunque il movimento dello spazio fluido, e tutti i fenomeni materiali si identificano in particolari moti di esso, per cui la loro spiefazione e le loroleggi non possono che derivare dalla scienza che studia il movimento dei fluidi: la fluidodinamica. Tutto il resto non è che una gamma svariatissima di sensazioni (apparenze) che non si trovano nella materia del corpo umano e nemmeno in quella del mondo fisico oggettivo, sono apparenze di questo, pur essendo realtà che sorgono esclusivamente nella nostra psiche, allorchè la materia viene a colpire i nostri organi di senso.
In un primo tempo Todeschini aveva esposto in un libro solamente la parte fisica della sua teoria, presentandolo a G. Marconi di cui era prezioso collaboratore. È un lavoro meraviglioso - aveva esclamatp Marconi - perchè unifica tutte le scienze in una sola e tutte le energie in quella cinetica, però - soggiunse - vi sono qualità diverse di energia; pertanto non basta unificarne l'espressione matematica quantitativa, ma bisogna spiegare come e dove sorgono le loro diverse qualità". Todeschini, che già da anni era torturato dal problema della genesi delle qualità, mai spiegate dalla fisica, spronato ulteriormente dall'illustre Maestro, impiegò altri due anni per rispondere all'interrogativo.
Ed ecco, dopo la lampada, anche la mela. Todeschini è daltonico, per lui il rosso e il verde hanno lo stesso colore, sono esattamente identici. "E' "vero" il rosso che vedo io o il verde che vedono gli altri? - si domanda - Oppure, al di fuori di noi, non esiste nè il rosso nè il verde, ma solo una vibrazione che quando entra nell'occhio viene trasformata in una certa frequenza dagli oscillatori organici? Questa frequenza nella mia psiche suscita il rosso; vibrazioni organiche diverse determinano una frequenza diversa nella psiche degli altri ed essi vedono il verde".
"Si questa è la via giusta" osserva Marconi, quando Todeschini ritorna da lui per sottoporgli il risultato delle sue ricerche. "Così - racconta Todeschini - ho capito che forze, elettricità, magnetismo, luce, suono, calore, odore, sapore, ecc. sono irreperibili nel mondo fisico, corpo umano compreso, sono sensazioni soggettive, che derivano dalla nostra psiche. Noi viviamo in un mondo buio, atono, atermico, inodore, insapore e privo anche di di forze ed elettricità, animato solamente da movimenti continui od alterni di spazio fluido, che solo quando vengono a infrangersi contro I nostri organi sensori provocano le sensazioni predette. Perciò tali sensazioni non sono equivalenti ad energie, bensì al prodotto di masse per accelerazioni… Ero riuscito a provare che non si possono spiegare i fenomeni fisici (moti di spazio) senza prendere in considerazione quelli biologici e psichici". Ecco la Psicobiofisica, scienza cosmica unitaria. Da essa si arriva alla conclusione che tutti gli organi di senso e di moto del sistema nervoso sono costituiti e funzionano come apparati teletrasmittenti a filo azionati elettricamente, dei quali l'anima, situata nei centri del cervello, si serve per avere informazioni del mondo fisico esterno.
Todeschini ha una espressione di orgoglio nello sguardo, quando ricorda le sue lotte, le sue fatiche, i suoi incontri con Marconi e altri scienziati insigni, come Fermi, Bothe, Pauli, tutti Premi Nobel. É un uomo semplice, sereno, alla mano, che parla quasi con imbarazzo delle proprie scoperte, non si dà certo arie di grand'uomo; ha un carattere riservato, un pò introverso, come sono in genere gli studiosi e i ricercatori. Dopo aver spezzato il pane della scienza con gli allievi di tante scuole italiane - ha concluso la sua carriera di insegnante all'Esperia, come titolare della cattedra di meccanica e termodinamica, ed ora è in pensione. Vive appartato, con la moglie signora Lina in una villetta di via frà Damiano; le pareti del suo studio sono nascoste da alti scaffali pieni di libri: opere di fisica, matematica, biologia, medicina, geometria analitica, civiltà atomica, fisiologia medica, filosofia, chimica, elettrotecnica.
Nessuna sovvenzione gli è stata mai elargita, ma riconoscimenti e onorificenze non gli sono certo mancati: Todeschini è stato presidente, vice presidente o membro di 25 Accademie e Società scientifiche italiane e straniere, è cavaliere ufficiale al merito della Repubblica, è stato invitato a tenere conferenze in molte università e accademie europee, alla radio e alla televisione, I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue, delle sue teorie si sono occupati giornali e riviste di tutto il mondo.
La scoperta degli elettroregolatori ipofisari e del metodo di analisi chimica infinitesimale, illustrata al recente congresso di Roma non rappresenta certo un traguardo definitivo, è solo l'ultima tappa nella sua lunga carriera di studioso. Le ricerche e le fatiche dell'insegnamento non l'hanno fiaccato; a 67 anni Todeschini passa ancora giornate intere nel suo studio a rispondere alle lettere che riceve da ogni parte del mondo, o con la testa sprofondata tra i libri o china su un foglio bianco dove traccia formule misteriose, comprensibili forse solo a poche decine di uomini al mondo. "Professore, scusi un'indiscrezione: cosa fa quando… non bisticcia con Einstein, avrà anche lei qualche svago, un hobby, come oggi si dice". Ci guarda con i suoi occhi chiari, agrottando la fronte: "Oh si! - risponde - studio Psicobiofisica. È una materia affascinante".

AURELIO LOCATI