IL GAZZETTINO DI VENEZIA 9 Febbraio 1950


VERSO IL SUBLIME DELLA REALTA’ COSMICA

Einstein battuto per 3 a 1
dallo scienziato Marco Todeschini

L’ingegnere bergamasco scoprì le ormai celebri “quattro formule” ancora nel 1923 – L’esistenza dell’anima provata sperimentalmente – Conferme e rispondenze “in assoluto” al Libro della Genesi.

Sono stato tutta una mattinata a colloquio con l’ingegnere Marco Todeschini, lo scienziato che ormai notoriamente è risultato avere precedute e di gran lunga superate le più grandi scoperte di Einstein, in particolare le quattro grandi formule risolutive delle maggiori leggi fisiche dell’Universo. Un volume di oltre mille pagine, “La teoria delle apparenze”, irto di equivalenze algebriche, di oscuri segni, di arcani misteri espressi in simboli non meno incomprensibili per il profano, un chilo e mezzo di carta grondante formule, linee, espressioni, conglomerati di lettere e numeri, tabelle, prospetti e disegni, è stato il tramite non certo facile del nostro lunghissimo conversare.
In che cosa consiste la “Teoria delle apparenze” dell’ing. Todeschini?

Aveva “fatto tutto”

Qui bisogna, intanto, ricapitolare qualcosa. Ora è qualche mese scappò fuori la notizia, e fece un chiasso piuttosto inusitato, che Einstein, il grande teorico della relatività e della quarta dimensione, aveva potuto condensare in quattro “formule chiave” le leggi che regolano tutti i fenomeni fisici dell’universo. Da quelle quattro equazioni fondamentali Einstein si riprometteva di giungere a render conto “matematico” d’ogni altra realtà ancora adesso inspiegabile agli studiosi, sia per la parte “biologica” che per quella “psichica”, complementare della realtà “fisica” oramai definitivamente conosciuta nelle sue regole supreme.
Proprio a questo punto è saltato fuori il “casus” Todeschini. A questo punto è stato comunicato che a Bergamo viveva, in umilissima segregazione di studio, uno scienziato, l’ingegnere cinquantunenne Marco Todeschini, il quale aveva potuto enunciare li clamorose formule di Einstein ancora nel 1923, e che tali formule egli aveva inoltre elaborate e portate a comprendere anche i non ancora raggiunti (da parte dello scienziato tedesco) campi della biologia e della psichica universali.
Il Todeschini, per verità, aveva già avuto modo di esporre la propria tesi, durante due convegni di scienziati tenutesi nel 1949 a Roma e a Como. E che cosa avevano fatto i dottissimi ascoltatori? Si erano particolarmente complimentati con il Todeschini, il quale era andato avanti per ore a tracciar formule sulla lavagna. A Como, inoltre, gli avevano attribuita una delle cinquanta medaglie di benemerenza destinate ai migliori relatori del gran convegno. Oramai la bomba era stata gettata. Del Todeschini cominciarono ad occuparsi alcuni giornali di parte tecnica; un intervistatore, sportivamente, dichiarò essere lo scienziato “l’Aristotele del secolo atomico” vittorioso su Einstein per tre a uno.
Le quattro equazioni einsteniane unificavano, si, le leggi della materia e quelle riguardanti l’energia raggiante (luce, calore, suono, ecc.), ma il Todeschini risultava essere andato ben oltre per due motivi: primo, perché egli gia aveva potuto ricavare le leggi “unitarie” della materia (alle quali Einstein si riprometteva di giungere nel futuro); secondo perché da tali leggi aveva già potuto conseguire, in ogni sperimentato particolare, quelle relative, appunto alla energia raggiante. In altre parole, era già passato dal “generale” al “particolare”. E ancora nel 1923. E poi aveva camminato ulteriormente ed era passato al campo biologico (per conoscere meglio il quale si era laureato anche in medicina) e dal campo biologico si era trasferito anche al campo psichico. Insomma, press’a poco, “aveva fatto tutto”.

Il “pieno” e il “vuoto”

La tesi dello scienziato non è facile a voltarsi in un linguaggio, diremo così, “accessibile”: ma dovrebbe essere, sostanzialmente, questa. Le grandi leggi del cosmo, intuite, conosciute, o quanto meno interpretate dagli studiosi di tutti i tempi, fanno tutte capo a due opposti principii: quello del “vuoto” (ossia relativo all’esistenza di un universo stellare muoventesi in un nulla praticamente assoluto), e quello del “pieno” (cioè con i corpi astrali inseriti in una “condizione” fluida particolare).
Quali sono state le risultanze di siffatte impostazioni? La teoria del geometrica, ma questo spazio consiste noltre in una specie“pieno” dà ragione a circa il 60% delle “leggi” e delle “regole” matematiche cognite alla scienza umana; quella del “vuoto” risponde, invece, al rimanente 40% degli interrogativi. Ora, dice il Todeschini, è inutile insistere dal cappellaio a voler prendere un copricapo troppo stretto o un altro copricapo troppo largo: bisogna decidersi a sceglierne un terzo: quello che vada bene. E il “terzo cappello” del Todeschini è il seguente: che non solamente esiste uno spazio dotato di estensione geometrica, ma questo spazio consiste inoltre in una specifica “fluidità” determinata dal binomio “densità-movimento”. Da ciò, conseguentemente, le leggi della “spazio-dinamica”.
Se il principio era esatto, dovevano anche saltar fuori tutte le leggi dipendenti, relative alla fisica atomica, alla chimica, all’ottica, alla termodinamica, all’acustica, all’elettrotecnica, all’astronomia e via dicendo.Così è stato. Il Todeschini, fissati questi suoi nuovi principii (espressi, appunto, in poche fondamentali formule matematiche), reperì, logiche quanto esatte, le conseguenti altre “leggi” già più o meno note ai fisici per desunzioni sperimentali.
E cavò fuori – si dice a titolo d’esempio – quasi sempre rispondenti fino alle virgole, persino i termini quantitativi dell’astronomia, anche i più noti, ed i più “facili”, quali le distanze dei pianeti dal sole, il rapporto tra le masse celesti, i tempi di rivoluzione e di rotazione, i quattordici movimenti della terra, le lunazioni, nonché il raggio stesso del mondo percepibile. I raffronti, pubblicati in apposite tabelle nel volume del Todeschini, sono di sconcertante evidenza.

Risultati eccezionali

“Dunque avevo ragione”, dice lo scienziato. E conferma perciò essere l’universo costituito da uno “spazio fluido ponderale” i cui “vortici”, con i movimenti di rotazione, formano allo stesso modo sistemi atomici e sistemi solari. Ma non è tutto. Il Todeschini si affretta allora a trasferire le sue “apparenze” e le sue “evidenze” nel campo biologico.
Che cosa dice qui, lo scienziato di Bergamo? Dice: “ La realtà oggettiva è diversa dalla realtà soggettiva”. In che senso? Lo scienziato si spiega con un esempio: “ Ecco: questo che noi vediamo è color rosso. Ma è rosso in quanto “noi” lo vediamo tale. Per sé stesso non è che una delle infinite “vibrazioni radianti” del mondo oggettivo. Una vibrazione, la quale giunge anche al nostro occhio, urtando contro i coni e bastoncelli dell’organo visivo. Che cosa succede, allora? Succede – ed è stato dimostrato sperimentalmente – che tali vibrazioni ne determinano altre, nuove e diverse, e che queste “camminano” attraverso il nostro nervo ottico secondo “frequenze” ancora una volta mutate. Solamente nel centro del cervello le trasmissioni elettromagnetiche dell’organo della vista si trasformano in “sensazioni” e, nel caso esemplificato, appunto in quella definibile “color rosso”. ‘occhio, comunque, resta dimostrato, non è una macchina fotografica come molti sostengono oncora oggi, ma semmai, un vero e proprio apparecchio di trasmissione televisiva.
Altrettanto vale per gli altri sensi: da ciò, quindi, l’interdipendenza dei fenomeni fisici e dei fatti biologici in generale. Non solo: ma tutte queste comuni “leggi” subiscono necessariamente l’intervento ed il completamento psichico, là dove le “vibrazioni” si trasformano in “sensazioni”: là dove, vale a dire, interviene la presenza reale dell’anima (o della “psiche”: il che fa lo stesso) a suffragare la conoscenza, e quindi la realtà, dell’esistenza cosmica e delle sue indeformabili leggi. E l’anima la cui esistenza è provata dal Todeschini oltre che matematicamente anche sperimentalmente, risiede appunto nel cervello ed è senza spazio peu “vivendo” nel tempo.
Quanto ho cercato di dire sin qui rasenta significati, lo riconosco, estremamente labili e vaghi. Ma non è possibile, non è assolutamente possibile, ricondurre a spiegazioni di superficie le profondità di una sapienza che tocca gli abissi estremi dello scibile umano.

830 scoperte

Comunque, da ben dentro il “gioco” di queste appena accennate considerazioni, l’ing Todeschini è giunto a risultati di eccezionale importanza. Non solo gli è accaduto, per esempio, nel ponderoso suo studio trentennale, di giungere ad ottocentotrenta nuove scoperte che interessano straordinariamente i settori della produzione industriale, non solo egli ha ritrovato – con lusinghiera precedenza – le misteriose chiavi, delle supreme leggi del cosmo, ma è anche riuscito a riportare integralmente la scienza allo spirito , e da questo alla Divinità creatrice e regolatrice che supera e somma le leggi, gli spazi; il pensiero dell’uomo, le intuizioni e le medesime armonie dell’intero creato.
Una indubbiamente formidabile “folgorazione”. L’ing. Todeschini, fra le tante altre cose, m’ha spiegato – sempre per esempio – e dimostrato come il Libro della Genesi sia, pur entro la simbologia delle “sette giornate” rigorosamente esatto nei riguardi della sua “Teoria” ed. in specie, delle sue dieci equivalenze psicofisiche. La sienza umana è, dunque, ad una sua grandissima svolta? Pare proprio di si.

Nicolò Nemi