I LIBRI SEGRETI (Seconda parte)

 

“NE BIBLOS”

 

Nel II secolo d.C. non era ancora stato 'fissato' un canone delle Scritture e vi era una coesistenza tra gli apocrifi e i testi 'canonici'. E' in questo periodo che i Padri della Chiesa inziano a raccogliere i testi che, nel III secolo, verranno denominati "Nuovo Testamento", segnando così una fase che definerei "cruciale" perchè portò alla concretizzazione di un duplice obiettivo:

  • la produzione di un N.T.come complesso letterario istituito 

  • la chiusura della Bibbia in quanto composta di due parti distinte ma

    "intertestualizzate", chiamate rispettivamente "Antico" e    "Nuovo"Testamento.

Designando quest'ultimo, in maniera praticamente 'automatica', si designò un 'Antico Testamento' all'interno di un unico Libro, la Bibbia. Questo processo di 'unificazione' perenne venne comunque attuato piuttosto tardivamente da parte della Chiesa,a cui furono necessari svariati secoli per definirne la struttura completa.

 

Fig.1: questa rappresentazione di Cristo in Maestà fornisce l’intento dottrinale, centrato sul tema principale, che è quello di mostrare Gesù quale elemento di Armonia tra Vecchio e Nuovo Testamento,attorno a cui ‘ruotano’profeti ed evangelisti. Lo schema geometrico e simbolico denota le gerarchie (pagina miniata dalla Bibbia di Carlo il Calvo, Biblioteca Nazionale di Parigi).

 

Fu ad Alessandria d'Egitto che, nel II sec., stando a documenti pervenuti fino a noi, si conferì un nome alla raccolta degli scritti sacri cristiani, che si denominarono "ne Biblos", cioè il Libro (curioso come anche la comunità del deserto di Giuda o Qumran, chiamava la raccolta delle loro scritture "ha-Sepher"=il Libro).

 

La comunità giudaica locale di Alessandria viveva in condizioni di diaspora. L'Antico Testamento, figlio della Tradizione Giudaica, nacque da una traduzione, che portò ad una profonda conversione culturale.

La prima Bibbia tradotta in lingua greca nacque, abbiamo detto, da una diaspora all'interno della comunità giudaica di Alessandria d'Egitto, che produsse un notevole cambiamento culturale; molti furono gli autori giudei che scrissero su temi biblici riconducendosi a una determinata forma della letteratura greca classica. Fin dalle sue origini, quindi, la traduzione della bibbia annette in sè una vera e propria 'naturalizzazione' delle Scritture, favorendo un movimento letterario, cui si legò per sempre, progressivamente allontanandosi dal giudaismo, dalla cui matrice proveniva.

 

La prima traduzione greca fu chiamata DEI SETTANTA dalla tradizione posteriore, che fin dalle origini fu la Bibbia dei cristiani.

 

IL CANONE DELLE SCRITTURE

 

La parola "canone" (vedi nota n.10 prima parte), deriva dal greco "kanon" che significa "misura" o "regola" e, conseguentemente, si applica a tutto ciò che si "misura". A sua volta, "kanon" deriverebbe da una radice semitica, ebrea o assira, che ha come significato "canna" (la 'canna', in effetti,era un'antica unità di misura).

 

Ad Alessandria, la parola "kanon" era usata anche per definire un "modello", che poteva essere letterario, se ci si riferiva alla raccolta di opere classiche, ad esempio. Ancora oggi, se vi facciamo caso, utilizziamo il gergo "Fatto nella forma canonica" per definire qualcosa eseguito 'nella forma ‘classica’, secondo un modello di riferimento', non è forse vero?

 

I Padri della Chiesa fecero uso di questo termine come equivalente di "regola"nelle formule seguenti:

il "kanon della tradizione" (Clemente di Roma, + nel 96 d.C.)

il kanon della Chiesa ecclesiastica" (Clemente di Alessandria, 149-215)

il "kanon della verità" (Ireneo, + 220 circa)

il "kanon della fede" (Eusebio di Cesarea, 260-340)

 

I Padri della Chiesa diedero il nome "CANONE" alla raccolta istituzionalizzata dei libri bilbici, dichiarati 'ispirati da Dio' e considerati come contenenti una regola di fede e di vita eguale, per autorità, al magistero ecclesiastico. Fu un passo importante assegnare un riferimento letterario al termine 'canone', in quanto fino ad allora, nella Chiesa, questo si applicava a realtà teologiche o dottrinali.

 

Soltanto nel 360, con il Concilio di Trento, compare in un documento del magistero il termine 'canonico', con il significato di biblico, che avrebbe poi sempre conservato.

 

Sulle Scritture la Chiesa ha, fin dalle origini, esercitato il suo diritto di riconoscimento attraverso decreti, particolari o generali,disciplinari o dogmatici, a proposito di uno o più libri e talora nell'intera raccolta biblica. Ben presto, i vertici ecclesiastici del tempo si pronunciarono circa i contenuti, sui limiti e lo status dell'insieme dei testi sacri e non ha mai cessato di fare questo, periodicamente. Fu comunque con un altro Concilio di Trento, nella sua IV sezione, 1546, che la questione della "Canonicità" fu affrontata direttamente e dogmaticamente trattata, con il "Decreto sul recepimento dei libri sacri delle Tradizioni". Da esso,sarebbe dipesa essenzialmente la dottrina cattolica posteriore della "Sacra Scrittura".

 

Alla fine del II secolo era stata già effettuata una 'selezione' dei testi da inserire nella raccolta 'canonica', ma rimanevano alcune perplessità se inserire alcuni di essi, come la Lettera agli Ebrei, l'Apocalisse, la Prima Lettera di Clemente, il Pastore di Erma, l'Epistola di Barnaba.

 

La lista più completa dei testi canonici è giunta a noi dal FRAMMENTO MURATORIO, ritrovato nel 1740, databile al 200 d.C. circa.

 

Origene, uno dei Padri della Chiesa, afferma, al suo tempo, che i libri canonici del N.T. sono 22 (“XXVII Omelia sui Numeri"). Bisognerà attendere il IV secolo d.C., quando Atanasio di Alessandria(1) darà una lista completa dei libri dell'Antico e del Nuovo Testamento, ritenuti come 'autentici'.

 

Ricordiamo che un tempo, i Padri della Chiesa disponevano soltanto di piccoli rotoli (volumi) contenenti i vari libri della Scrittura e spesso si rendeva necessario svolgerli per metri prima di trovare il passo cercato. Non avevano gli strumenti archeologici, filologici, informatici che abbiamo oggi. Il loro, fu un lavoro manuale di enorme portata e importanza per la nascente Chiesa e anche per il suo sviluppo nei secoli successivi.

 

I Padri della Chiesa si riferivano al Libro dei SETTANTA, ritenuto divinamente ispirato, ma il loro imponente lavoro esegetico si estese anche ad altre versioni dell'Antico Testamento, e uno dei fautori di questa esegesi fu Origene, considerato il fondatore della scienza biblica.

 

Il vocabolo "esegesi" deriva dal greco e significa "spiegare, andare verso". Così come Gesù venne accolto come 'esegeta del Padre' ed esegeta di tutta la Scrittura (nel Vangelo di Giovanni, si viene condotti verso il Verbo e il Verbo ci conduce verso il Padre).

 

Origene affermava che "Le divine Scritture sono chiuse a chiave e sigillate, chiuse dalla chiave di Davide" e possono essere aperte, compiute, solo dal Cristo, che iconograficamente veniva anticamente raffigurato con il Libro chiuso sorretto in mano.

 

Nelle sue "Exaple", frutto di 25 anni di lavoro comparativo, Origene confrontò le sei versioni dell'Antico Testamento allora circolanti: ebraica; ebraica traslitterata in greco; la versione greca di Aquila(2); quella di Simmaco(3), l'edizione dei Settanta del II sec.,e la revisione di Teodozione (metà circa del II sec.).

 

I Padri della Chiesa, a partire dal II secolo d.C. aggiunsero al termine DIATHEKE' (in ebraico  BERITH),che significa "Alleanza" usato nella versione dei "Settanta", che inquadrava un registro biblico e dottrinale, l'aggettivo KAINE',cioè "NUOVA", sottolinenandone il senso greco (già documentato da Democrito e Aristofane) che inquadrava un registto documentario e letterario, una volontà 'testamentaria'. Il termine "Nuova Alleanza" si latinizzò in seguito in Novum Testamentum.

 

Ireneo ebbe un ruolo fondamentale per il prevalere di QUESTA "Nuova Alleanza", facendola emergere dalle altre dottrine delle "Alleanze" che si erano andate sviluppando verso la fine del II sec.e che si basavano su tradizioni precedenti.

 

‘ANTICA’ E ‘NUOVA’ ?

 

Tale antitesi nacque probabilmente in Asia Minore e si strutturò in due unità testuali, anche se fra loro articolate in maniera da far apparire il Vecchio Testamento un testo profetico del Nuovo. Il principio dogmatico centrale che sta alla base dell'elaborazione dottrinale delle Scritture Cristiane è la loro ISPIRAZIONE DIVINA, concetto che si rifà agli insegnamenti e al linguaggio dei filosofi greci, Platone in primis, che furono ripresi agli albori del Cristianesimo nascente da Filone d'Alessandria, poi dai Padri della Chiesa. Tuttavia, la formula definitiva,"Dio è l'autore delle Scritture", comparve assai tardivamente, trovandosi per la prima volta durante Gregorio il Grande (+ 604 circa d.C.); tale accezione rimane al giorno d'oggi, ribadita con il Concilio Vaticano II. Come afferma Andrè Paul nel suo saggio su "Il Cristianesimo": " Dichiarare Dio l'autore della Bibbia, era proiettare nell'ordine dell'assoluto l'artificio letterario della pseudonomia, artificio che l'Antichità- classica, giudaica e cristiana-non aveva mai smesso di praticare".

 

 

I PADRI DELLA CHIESA

 

Dal II secolo d.C., emergono delle figure determinanti in seno alle comunità cui appartenevano: i Padri, o Abba, termine con cui Gesù chiamava suo Padre, che vengono identificati con un nome relativo alla città di appartenenza della comunità stessa.

 

Così troviamo, tra i primi ad avere ricevuto tale appellativo, i vescovi ELEUTERIO di Roma; POLICARPO di Smirne (69-156 d.C.); CIPRIANO di Cartagine, che morirono martirizzati; IRENEO da Lione (morto all'incirca nel 220); BASILIO di Cesarea e molti altri che hanno rappresentato una tappa importantissima nell'ambito della catechesi, della liturgia, dell'esegesi, della teologia. Come si legge nella Fig. 2, accanto ad ognuno dei loro nomi, troviamo le opere che ne hanno caratterizzato la forza della loro predicazione per la diffusione del Cristianesimo e la lotta all'eresia.

 

Erano personaggi dotati di un'Intelligenza viva e di competenza in vari campi del sapere, conducendo un dialogo con la cultura greco-romana, correndo i molti rischi allora vigenti, TRA CUI QUELLO DEL MARTIRIO. Essi ebbero il compito di 'trghettare' il cristianesimo facendolo emergere dalle varie correnti allora presenti. Uomini dotati di grande carisma.

 

Tertulliano era un giurista e ha codificato un vocabolario cristiano introducendo i termini di 'sacramento', 'battesimo','Trinità'; Ambrogio da Milano era un amministratore e ha organizzato la liturgia e il servizio dei poveri nella Chiesa di Milano.

 

Nella lotta alla gnosi, probabilmente non si resero conto che quanto gli gnostici professavano non era diametralmente opposto al loro pensiero, ma ritengo che in quel periodo giocassero un ruolo importante anche la politica, il predominio del potere, il consolidamento di un ideale universale che invece, progressivamente, la Chiesa cattolica contaminò a tal punto da creare fortissime correnti contrarie, che nel Medioevo riportarono in superficie tante 'eresie' (sedate con il sangue e con i roghi), sfociate nella Riforma Protestante. Ancora oggi possiamo renderci conto 'quante' chiese esistano, pur derivate dalla stessa 'matrice'.

 

Quando Ireneo scrisse, scagliandosi contro gli gnostici nella sua opera "Contro le eresie",IV, 20,7)questi passi:" La gloria di Dio è l'uomo vivente e la vita dell'uomo è la visione di Dio...Dio si è fatto uomo perchè l'uomo diventi Dio", dimostra come il significato profondo di quanto afferma è, in sostanza, la conoscenza di sè per trovare dentro di noi il germe divino. Allora perchè tanto accanimento nei confronti degli gnostici? Perchè l'uomo non poteva trovare da solo questa strada verso Dio, ma necessitava di una guida, quale voleva essere inderogabilmente la Chiesa Cattolica?

 

In tal modo, l'uomo comune ha perso la propria identità spirituale, confuso tra tanti dogmi e dottrine che gli hanno tolto la capacità di guardare in sè stesso, facendolo credere incapace di effettuare questa operazione.

 

Sradicando le proprie radici, l'uomo si è dovuto volgere ad una religione 'prestabilita', che fece comunque fatica a prendere piede.

 

Del resto, anche S.Agostino (354-430 d.C.) ribadisce i concetti universali alla base della Conoscenza umana, quando afferma che l'uomo riceve una 'forma'nella Creazione, la quale può 'alterarsi', ovvero divenire 'deforme' allontanandosi da Dio, o migliorare la propria forma (forma formosa, forma bella) se a Lui si volge, prima di essere conformato alla Forma per eccellenza, che è il Cristo. Non sono forse i concetti che ritroviamo nell’Esoterismo alchemico?

 

Penso che se la ‘dottrina’ o catechesi avesse puntato molto sul simbolismo cristiano, su una Verità universale, non vi sarebbero state tante fratture e frammentazioni. Oggi con fatica si cerca di ritrovare il senso autentico della religione cristiana,a lungo troppo infarcita di dogmi rigidi che hanno portato alla ricerca di altre fonti, al bisogno di Conoscere quanto sta alla base delle altre religioni, delle altre fedi, della Filosofia, delle correnti appunto definite 'gnostiche', per trovarvi- ciascuno secondo i propri parametri valutativi- una dimensione 'sacra', di cui attualmente si sente particolarmente la necessità.

 

Conoscere Cristo, non è conoscere a memoria il Vangelo ma penetrare dentro sè stessi per riuscire a trasfigurarci come esseri umani dalla materialità alla spiritualità, per trasmutare la pietra grezza che siamo in pietra perfettamente levigata. Morire alla nostra materialità per rinascere divinizzati nella Luce di Cristo.

 

Fig. 3: S.Tommaso d’Aquino in trionfo (pala del ‘400 di F.Traini,conservata a Pisa,nella chiesa di S.Caterina) è considerato uno dei Dottori della Chiesa che,insieme ai Padri, hanno svolto un ruolo fondamentale per l’affermazione del dogma cristiano.

 

 

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